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< AVALANCHE >


Zoey Speaks
Raw Violence
Avalanche
Alone In The Dark
Death Star, inc
Godless Clouds
Who's Gone What's Missing
Electric Moon Revisited
Love Seems Distorted
Dissatisfaction
Transients Welcome
Maxwell's Demons
Release date: August 16, 2019
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Emiliano D'Aniello, Italy
2019-06-01
Il miglior gruppo rock psichedelico in circolazione? Non lo so. Voglio dire, sono sicuro che ciascuno potrebbe nominare un gruppo diverso e qualcuno potrebbe anche fare degli elenchi. In ogni caso si potrebbero nominare roba tipo “mastodontica” tipo King Gizzard & The Lizard Wizard, che sono roba forte, per carità, oppure gente come Ty Segall, Oh Sees, che pure mi piacciono molto, ma voglio dire, e se vi chiedessi qualche cosa di veramente forte e qualche cosa di veramente diverso. In questo caso allora fidatevi se vi dico che questo gruppo proveniente da San Paolo, Brasile, è la cosa migliore che potreste ascoltare e la cosa bella, stavolta sì, è che ce ne siamo accorti – pare – finalmente anche in Europa, se è vero che il gruppo suoner? due date qui ad agosto, prima a Berlino e poi alla grande festa che si terr? ad Eindhoven con un sacco di bella gente del giro della Fuzz Club Records.

Per la verit? la storia dei Firefriend, trio composto da Julia Grassetti, C. Amaral e Yury Hermuche, è già fatta di pubblicazioni discografiche gloriose. Il gruppo è in giro da pi? di un decennio e la accoppiata “Yellow Spider”-“Sulfur” (il secondo LP ha una copertina semplicemente spettacolare e che ci invita letteralmente a entrare dentro questa feconda fornace cosmica che è il sound di questo gruppo e che poi forse è veramente il sound del futuro del rock psichedelico) nel 2018 è stata semplicemente strepitosa. Superarsi era difficile, quasi impossibile, eppure i Firefriend ci sono riusciti.

Si superano con un doppio LP contenente dodici canzoni e che non accetta compromessi, nel senso che o ti piace, oppure ti piace moltissimo e nel nostro caso vale sicuramente la seconda ipotesi. Si comincia sin da subito a galleggiare in dimensioni lisergiche fatte di chitarre riverberate, atmosfere soffuse, ampio uso di eco e sterzate improvvise che non hanno paura di andare oltre barriere sonore e linee predefinite di accordature e tonalit? gi? scritte. “Zoey Speaks” come la title-track “Avalanche”, nel segno della grande lezione e ispirazione più noise e caratteristicamente astratta e priva di forma di Jad Fair, poi “Alone In The Dark”, cantata da Julia, grezza come potrebbero suonare le prime gemme dei Brian Jonestown Massacre alla corte di Pol Pot, e che poi diviene esplosiva con la sublimazione in uno stato di trance cosmico che non è mai pomposo, ma mantiene quel carattere suburbano, post-punk, che richiede tutta la nostra devozione.

Seguono ballads lisergiche come “Love Seems Distorced”, la vintage e visionaria “Electric Moon Revisited”, “Maxwell’s Demons”, blues e recital elettrici allucinati (“Raw Violence”, la glamour “Dissatisfaction”), sessioni prolungate di psichedelia cosmica sperimentale (“Transient Welcomes”) come si sentono osare veramente pochi gruppi in circolazione, penso ai Bardo Pond, e un bel po’ di pezzi rock psichedelici tosti tipo Warlocks (“Death Star, inc”, i dieci minuti di “Who’s Gone What’s Missing”) e le astrazioni lunari di “Godless Clouds” che rimandano a una mistura tra Red Krayola e sperimentazioni a bassa fedeltà di scuola Sparklehorse.

Non è secondario l’imprinting ideologico marcatamente alternative del gruppo e in una dimensione e un paese dove essere “contro” in questo momento significa veramente essere contro qualche cosa di insano (ma qui da noi le cose non sono poi così differenti). Seguono testi che mettono assieme visioni nello stile Burroughs, veri incubi sotterranei, e la fantascienza di K.W. Jeter, subliminali radiotrasmissioni tratte dalle pagine di “Dr Adder” in un capolavoro distopico gigantesco che ? quel futuro che a San Paolo è gi? presente e questo disco, tutto questo, te lo sbatte in faccia con la forza di una valanga e molto di pi? delle solite colorazioni acquarello tropicali con cui siamo abituati a vedere il Brasile e in generale il Sud America. Oppure questi colori sono gli stessi, ma filtrati attraverso radiotrasmissioni pirata, la vecchia mitologia dei cibernauti. Voto altissimo.
SIC magazine, Brussels/UK/USA
2019-08-01
More than deserving of its place deep in rock’n’roll’s hall of fame is the mid-distant, part-spoken vocal that comes reverbed out to the point of disinterest. It’s just effortlessly cool and it’s not the only trick São Paulo band Firefriend lift from the iconic handbook as the trio continue their prolific career with new LP Avalanche. Cherry-picking the best motifs from both modern and 60s experimental psych, so too from the fertile hunting grounds of arty noise-rock and spacey shoegaze, their sound takes in both the likes of The Velvet Underground and Sonic Youth amongst others as it goes, Avalanche an album however not quite as quick to reach for the heavy riff as some of its predecessors, relying instead more often on nagging minimalism to turn the band’s trademark slow-burn into something rather more impressive. 

 Avalanche nevertheless rumbles elementally when needed, massive guitar distortion crunching in over certain outros, noisy middles peppering the mix sparingly, the title-track, for example, throwing up expressive wails of noise blurred by Yury Hermuche’s pealing guitar and impassioned snarl. Ever Hermuche’s soothing counterfoil, bassist Julia Grassetti’s uneasy coo leads more restrained material, woozy guitars, gently trippy drones and C.Amaral’s percussive shuffles simmering alongside stoned strumming and out-there backmasking. Avalanche consequently lacks some of the standout tunes of an album like Yellow Spider, but it’s a more consistent listen. 

 Compensating for this homogenising predictability come strangled psych-blues slides and oddities that scribble all over the album’s laid-back wah, melancholy ambience too eventually lost to crackling, top-end static. These strains of outsider discordance peak during the Nico-inspired “Transients Welcome”, a track otherwise bolstered by contemporary psych-rock muscle while the fuzz rolls in for 11-minute album centrepiece “Who’s Gone? What’s Missing”, a rolling jam with tremolo-fired disorientation dropping it was off the beaten path during its finale. Firefriend may not yet be quite ready to join their influences in rock’n’roll’s hall of fame, but album on album they’re staking a very ear-catching claim.

Best track: Avalanche






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